lunedì 31 ottobre 2016

Non sono poeta

Non sono un poeta
solo un piccolo artigiano
che non sa ancora
dove comincia
e dove finisce il verso.

Scrivo parole come risalgono
dal serbatoio della memoria
senza belletti e senza fronzoli.

Lavoro di notte
al lume di candela
come l'intarsiatore o il maniscalco
perchè durante il giorno
la vita urge con i suoi ritmi
e non concede soste.

Aspetto la notte anche se piove
anche se fuori urla il vento
e scalpita contro le imposte serrate
per tracciare sulla carta
i segni-parole-pensieri-sogni
e scrivere di speranze
che le stagioni non hanno maturato
e che forse mai matureranno.

Sono un animale notturno
come il gufo come la civetta.

Le albe sono un assillo
mi spingono a correre
quando vorrei stendermi
di fronte al cielo tiepido di luna
e contare le stelle
e alla fine della conta
ricominciare come per le pecore
che saltano lo steccato ad una ad una
nelle notti insonni di afa sudata.

Non sono un viaggiatore solitario
che va per il mondo in cerca di passato
per comprendere e  se possibile
prevedere il futuro.

Non mi piacciono le passeggiate solitarie
per impervi viottoli di campagna
senza destinazioni certe.

Le mie radici affondano
nell'assolata campagna isolana
la mia carne è un impasto
di polvere e sudore
nelle mie vene scorre
un sentore di vento di deserto
di odore di terra riarsa
dopo la pioggia e di frumento.

Attendo la fine del temporale
quando il vento urla
contro le imposte serrate
come se assistessi ad uno spettacolo
che non mi tocca
per continuare poi
la ricerca di parole
che dicano il vulcano di immagini
che dentro di me urgono.

Sono un piccolo artigiano
che in fondo al vicolo
nella casa dalle imposte socchiuse
tinte con vernice grigia
che si confondono con la notte
scrive i suoi versi
per scacciare la paura dei domani
con le parole e non come il vecchio
malamente arricchito
che chiuso nell'abito della domenica
lucido di fine seta sotto il sole
con passo leggero e  sciolto
volteggiando il suo bastone
dalla punta ferrata
disegna cerchi invisibili nell'aria
si avvia verso il sagrato della chiesa
ove l'aspetta la curiosità della gente
in mormorio d'invidia
come se la morte a lui non toccasse.

Sono il maniscalco che nella notte
illuminata dal fuoco che arde nella forgia
s'industria sull'incudine
a fa diventare oggetto di uso comune
un pezzo di ferro informe
abbandonato in fondo alla bottega
per lunghi giorni d'indecisione.

Non sono un poeta
non c'è folla che preme
per ascoltare i miei oracoli
nè discepoli a cui passare conoscenze
da tramandare alle genti future.

Sono solo un piccolo artigiano
che inventa il presente
spera in un futuro migliore
e in un esaminatore finale
non giusto ma clemente.



Da " Oltre l'orizzonte" di calogero restivo
Edizioni PIM Biblioteca Universale Bucharest






domenica 30 ottobre 2016

Come un ladro

Al buio nella notte
come un ladro
ed i ritratti della memoria
appesi agli angoli delle strade.

Via Crucis senza cadute
e senza sangue
pezzi di vita vissuti
qui le corse
ed il salto oltre lo steccato
qui il salta-cavallo
qui i primi amori
qui la fine di una amicizia antica.

O era amore?

Al buio della notte
con i ritratti come pietruzze
su cammini impervi
ad indicare la via del ritorno.

Mi sembra di vederli
parlare fra di loro
non credono ai ritorni
ma illudono d'attese.


                                               Como un ladròn
A oscuras, de noche
como un ladròn
otra vez los ritratos de memoria
colgados en las equinas de la calle.

El camino de la Cruz, sin caidas
y sin sangre
pedazos de vida vividos
aquì la carreras
y el saltopor encima de la cerca
aquì el juego de cartas
aqu' lo primeros amores
aquì el final
deuna viej amistad.

O habrà sido amor?

En la oscuridad de la noche
con retratos come piedritas
com caminos impracticables
para mostrarel camino de regreso.

Me parece estarlos viendo
hablando entre sì
ellos no creen en los regresos
pero se alimentan de esperas.


Da " Oltre l'orizzonte" (Màs alla del horizonte) di calogero restivo
Biblioteca Universalis Bucharest

Traduzione da italiano in spgnolo è a cura di Diana Dragomirescu.



venerdì 28 ottobre 2016

TRECENTSESSANTACINQE

SAI,
VOLANO ANCORA FALCHI
SULLA MIA TERRA.
E SONO ESSERI REGALI
MAGICI, AMMALIATORI.
CONOSCI DISTESE IMMENSE DI ALBERI?
UN CIELO ALTO SENZA LIMITI?
LUNE D'AVORIO TRA GLI ULIVI ED IL VENTO?
vENGO IO DA UN LUOGO ARCANO
DOVE I RE SI MESCONO AI BRIGANTI,
OVE LA PASSIONE E' DENSA
COME IL VINO RUBINO.
VENGO DALLA MISERIA PIU' OPULENTA CHE ESISTA,
OVE LA MORTE NON CHIEDE OBOLI
OVE  DIO HA MANDATO SOLO I SUOI SERVI.
HO ORIGINI D'ORO E COLTELLI E CROCI.
QUI RACCONTANO ANCORA
DI CONTADINE COME PRINCIPESSE
SECOLI DI DONNE
DA BRUNI CAPELLI
E SCHIENE BIANCHE CURVE
ALTERE DI BELLEZZA ALTRA.
OCCHI COME EBANO
E ORO COME GRANO.
E CANTI COME VEGLIE A VENERE.


  Mara Sabia
Diario di un amore

archivio e pensamenti: GRAZIE AI FICHI!

archivio e pensamenti: GRAZIE AI FICHI!: Le 6572 ettare del territorio racalmutese si estendono, a detta degli storici, su una superficie “a forma di una grande foglia di f...

giovedì 27 ottobre 2016

" Da la carne e il sospiro" di A: Merini, 1997

"...incolori e indomiti, siamo soli
nel limbo del nostro piacere
perchè io e te
siamo pieni di amore carnale,
io e te."

giovedì 20 ottobre 2016

lunedì 17 ottobre 2016

AL PADRETERNO

In nostro mondo
finiva al Padreterno
oltre c'erano i monti
cerchio di cocuzzoli calvi
attorno a case fragili di gesso.

Rifacevamo il mondo
nei pomeriggi estivi
invasi di noia e di calura
con tessere
come fanno gli artisti del mosaico.

Dopo
nel lago di silenzio e solitudine
che chiamavamo paese
entrò la vita
con le sue albe tinte di nebbia
a disperdere speranze e illusioni
come fa il vento con le foglie morte
prima che si scateni la burrasca.



Poesia tratta "Dal mare che non c'è" di calogero restivo
AKKUARIA Edizione Catania

sabato 1 ottobre 2016

La piazzetta

Al posto di questa assenza di voci
con il "cannolo" della fontana
che mesce acqua con rumore di ruscello
c'era la piazzetta che aveva canti e suoni
nelle notti in cui avvampava la festa.

C'eravamo noi ragazzi
con la febbre di domani negli occhi
a divorare presenti
nel tentativo di barare
e rompere i ritmi del tempo.

C'erano luci e passi di donne
con sguardi di pudore
nei sorrisi appena accennati
e le voci dei giocatori di tressette
assieme al venditore di fichi d India
che le vendeva sbucciate poche lire.

Rifugio sicuro alla pioggia gli archi
finestre aperte su un mare che non c'era
quando con rombi profondi
e tremori da incubo i tuoni
annunciavano il temporale imminente
cancellati dal vento di novità.

Di fronte il vecchio fondaco
il tetto di canali di creta cotti al sole
rifugio a colombi e uccelli di passaggio
oltre a carretti e carrettieri
che nella notti contavano le stelle
prima di addormentarsi
oggi ha palazzi alti
che gareggiano con le nuvole
e guardano dall'alto in basso
i lampioni che stillano
luce indecisa nella via.


Da " Dal mare che non c'è" di calogero restivo
AKKUARIA Edizioni Catania