mercoledì 21 settembre 2016

REGALPETRA LIBERA ((( blog Racalmuto))): Chi siamo

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domenica 18 settembre 2016

RECENSIONE
“Sotto il cielo di Cataripò” è il titolo di una raccolta di racconti del poeta siciliano Calogero Restivo, pubblicato nel febbraio 2016 dall’Associazione AKKUARIA Catania nella sezione “Europa la strada della scrittura” diretta da Vera Ambra. Il mondo dell’immaginario si arricchisce di un nuovo toponimo “Cataripò” che richiama altri come “Fontamara” di Ignazio Silone e “Roccacannuccia” più popolare, “Rio Bo” di Aldo Palazzeschi. 
Cataripò evoca e rinvia al mondo lontano dell’infanzia e dell’adolescenza gioiosa e ansiosa di futuro; d’altronde è in assonanza con Cicicocò. E’ un paese da nulla Cataripò, dove non succede mai nulla di straordinario che possa influenzare e cambiare il corso della storia deciso nelle metropoli. E’ comunque un paese dove accadono tanti fatti e fatterelli veri e immaginari che danno origine a storie e storielle di vita quotidiana intessute di follie, nevrosi, ansie , suspence, supposizioni e maldicenze. Cataripò è la mitizzazione e trasfigurazione di Racalmuto,il paese natale dell’autore, che nel corso del novecento dopo la chiusura delle zolfatare e delle miniere di sale è scivolata nel nulla dal punto di vista sociale economico demografico e culturale. 
Il dott. Lillo Taverna nella prefazione la definisce un paese di immobili collabenti. Seduti noi lettori in un cerchio magico in un luogo qualsiasi, il poeta narratore Restivo ci racconta le tante storie con la sua voce scritta fluente affabile venata di un filo di malinconia che scaturisce dalla riflessione sul senso della vita. Come un antico vate, ci conduce nel suo mondo primigenio con passo lento appoggiato al braccio di un ragazzo, e ci indica le colline e i monti disposti a ferro di cavallo intorno a Cataripò e ci parla dell’ansia spasmodica dei giovani di evadere oltre l’orizzonte e della rassegnazione dei vecchi. Il centro “culturale” di Cataripò è il salone del barbiere Carmelo che sostituisce la piazzetta; è un luogo di socializzazione, di incontro di discussione franca e libera; è il centro di interpetrazione di fatti veri o presunti sulla base di segni e impressioni e di diffusione. 
Ad esso è contrapposto il “casino dei nobili” o circolo dei galantuomini, frequentato da ricchi demodè da professionisti e parvenu, definiti con sprezzo grandi deretani, che si attardano a parlare di avventure vere o presunte ma soprattutto di corna. E’ chiamato circolo della cultura “ma se la cultura per caso passa ,va oltre o cambia marciapiede”. La scrittura molto scorrevole a tratti tende ad assumere movenze poetiche con le tante figure retoriche che danno una vitalità una verve particolare ai personaggi. Il linguaggio è molto levigato, non risente l’influenza della lingua siciliana; solo alcuni lemmi come bamminu, occhi di vò, sciarre e sciarrare, chiummo e qualche detto o proverbio dialettale, termini che a parere dell’autore sono più pregnanti di senso e di emozioni. E’ una lettura piacevole che ti prende e ti conduce fino in fondo. Sono racconti vividi palpitanti che fanno sorridere e fanno riflettere sul senso segreto delle vita e delle sue molteplici sfumature. I racconti sono ventinove, sono storie di vita quotidiana segnata dal vuoto dalla noia, dai pettegolezzi ,dai si dice; sono storie di ordinaria follia, di ansie, di sogni di ricchezze svanite tra le fiamme: alcuni autobiografici, altri sono delle analisi psicologiche e creazioni di miti, altri ancora di tipo socio ambientale, qualcuno assume le tinte di giallo; parlano di follie ,frustrazioni, ansie e aspettative, di amori e pseudo amori; sono un caleidoscopio degli umori che percorrono una piccola comunità. Questi racconti assumono una valenza “universale” perché narrano storie che si vivono in tutte le periferie del mondo. Esse risvegliano nella mente del lettore altre storie simili ascoltate o già vissute. ”Il fratello di mio nonno ”e il materasso pieno di soldi ,che viene bruciato, fa ricordare un fatto simile accaduto a NewJork o “Il rubino” di Corrado Alvaro. I protagonisti di queste microstorie di varia umanità sono tanti. Giovanni Cherubino detto “bomminu” che in realtà è un omone molto forte; la ‘ngiuria o soprannome lo faceva un po’ sorridere e un po’ arrabbiare. Pasqualino Gagliardo che gagliardo non era, era un tappo scartato alla leva per insufficienza toracica e anche scansafatiche e in famiglia si comporta da dittatore per darsi un’aria. L’anonimo uomo del dazio che preferisce fare fagotto, piuttosto che piegarsi alla volontà del gerarchetto pieno solo di boria. Giuseppe Cozzuto “occhi di vò”,il ragioniere Filippo Lomia, sfortunato fin dalla nascita ; il contadino Giovanni Prestipani derubato dal ras-etto locale Carmine, miracolato e liberato dal desiderio di “a cu ti leva lu pani,levaci la vita”; Lorenzo Bonpensieri prossima alla dipartita che ancora sfuggiva al medico Cantalanotte ma non al prete don Salvatore per un patto; Orazio di Giuseppe, cavaliere del lavoro dopo il viaggio a Roma della sua avvenente consorte. E altri personaggi che il lettore conoscerà leggendo i testi. 
Questi racconti sono un viaggio nella memoria. I ricordi, che danno vita a questi racconti, sono “come dischi di un juke box pescati di tanto in tanto per riempire giornate vuote o riaffiorano nella mente ed entrano in scena come attori e piano piano animano la scena”(1); il narratore poeta li definisce ritratti e non fotografie di  luoghi e persone a volte solo nomi senza volti a volte volti senza nomi. Sono immagini dai contorni e dai nomi incerti; sono ritratti di vissuti e di emozioni che hanno lasciato tracce e segni indelebili nell’animo. I personaggi sono tratteggiati con delle pennellate, di essi vengono messi in risalto aspetti del carattere o della persona fisica. I racconti sono tutti significativi, arricchiscono la sensibilità dei lettori, ma alcuni sono da segnalare per lo spessore, per la pregnanza di senso, per la loro originalità. ”Il venditore di poesia” assume la valenza di una leggenda metropolitana. L’originalità sta nel fatto che all’incrocio senza semaforo c’è un “ragazzo” mingherlino dai capelli rossi e gli occhi celesti che non chiede di lavare i vetri come al solito, ma propone agli automobilisti l’acquisto di una poesia ciclostilata di giorno in giorno sempre diversa. E’ un poeta autodidatta che le scrive la sera” quando si ritira”. Alla voce narrante e interrogante risponde:” Scrivo, correggo, leggo tanto e di tutto. La poesia ha bisogno di ispirazione ma anche di argomenti.” E’ un personaggio serio orgoglioso con tanta dignità di sé. In questo racconto c’è l’eco della lirica “Basta un foglio di carta” di Poesie di volti e memorie”. “La partenza” e “Il Sogno e la Visione” sono due racconti molto interessanti di natura psicoanalitica. Nel primo l’autore indossa le vesti di un psicologo e scandaglia lo stato d’animo in cui ci si trova immerso il personaggio anonimo in giornata agostana di canicola e di afa che lo precipitano in profondo disagio psichico e gli fanno perdere la capacità di ragionare e decidere qualcosa. L’indecisione di partire o non partire di andare in posto o in un altro di quali indumenti portare o non portare, che alla fine fa stramazzare con un tonfo sul letto nella semioscurità il protagonista, è materializzata in maniera magistrale. “Il sogno e la Visione” ha un respiro molto più ampio; assume la valenza di un mito con la loro personificazione. E’ un tentativo di riflessione sulla condizione umana rappresentata da un viaggio immaginario nella riarsa campagna siciliana tinta di giallo, afosa assetata e calda “come la bocca del forno acceso pronta per l’infornata” e in più senza indicazioni stradali come lo sono le trazzere bianche e polverose; ed esplicitata dal dialogo tra la Visione e il Sogno che assumono le fattezze umane di due viandanti che si soffermano all’ombra di un solitario albero. La novità è che la visione e il sogno, due “solchi dell’animo umano” così visibili e tanto immateriali e soggettivi, si incarnano in esseri umani che suscitano illusioni e amare delusioni come tanti altri umani con le bandiere sventolanti. In particolare la Visione ha un fisico di ragazzo e una testa di uomo adulto, una raffigurazione ricca di significati .La chiusa del racconto:”….né tu né io riusciamo a cambiare la realtà. Siamo la zolletta di zucchero nel caffè che senza di quella il caffè resta con il suo aroma e il suo amaro. Lo zucchero lo rende bevibile..” Già nella breve lirica “Vita” di “Poesie di volti e memorie” il Restivo verseggiava “ La vita non è sogno, ma senza i sogni non sarebbe vita”. ”Il monaco ”,”Il successo” e “Una piccola rivoluzione” sono tre storie d’amore pariticolari. Pasquale Scimmeca, u monacu, è vittima dell’opinione pubblica bigotta retrograda e ultraconformista. Viene plagiato e indotto a sposare una ragazza “perduta” pietra di scandalo per la comunità. Alla fine si ritrova più emarginato di prima senza donna e senza lavoro cosa molto più grave. Giovanni Cherubino ,alias u bamminu, protagonista di “Successo” è la preda di una donna donatrice d’amore per il tempo che occorre per spogliarlo delle sue poche sostanze. Infine il vigile Agnello, innamorandosi di Stella una giostraia alta e bionda, provoca una rivoluzione morale ; mette in subbuglio la madre la famiglia le autorità e tutta la comunità che fanno di tutto per farlo recedere da tale “infrazione” mortale. Ma la vince, non cade nella trappola del conformismo atavico. ” Tutta colpa del vento” e “Per grazia ricevuta” sono racconti tinti di giallo senza soluzioni. Del primo è protagonista Alessio Bonafè, alto funzionario in pensione, che ,dopo essere stato in gira per l’Italia e il mondo, stanco e desideroso di vivere in santa pace e al anche al sicuro, decide di ritornare a vivere nel paese natale in una villa di campagna. Inseguito da ombre del passato, in una notte di vento miscelato a rumori sospettosi si ritrova in fondo al pozzo ben chiuso. Il caso non trova soluzione e nemmeno il cadavere per negligenza e udito poco fine degli investigatori. Del secondo “Per grazia ricevuta” è Giovanni Pristipani , un povero cristo ridotto in miseria dal furto perpetrato a suo danno dal gerarchetto Carmine nullafacente dall’aria di padreterno e dalla guerra. Giovanni rimuginava dentro di sé di vendicarsi; venuto a conoscenza che era stato fatto fuori, si reca in pellegrinaggio camminando in ginocchio fino all’altare della Madonna del Canale per la grazia ricevuta. ” La panchina” è un racconto di ordinaria follia silenziosa che si conclude con la scomparsa del protagonista nel nulla di una galleria abbandonata. Il ragioniere Filippo Lomia è sfortunato si dalla nascita; si doveva chiamare Lumia e ciò lo rende diverso dagli altri familiari: ha sorelle e fratelli ma legalmente non li ha e viene guardato dagli altri con un punto interrogativo, provocandogli un profondo disagio psichico. Il racconto si apre con una gag comica e drammatica allo stesso tempo; potrebbe essere trasposto in una piéce teatrale. Il Lomia svolge un lavoro noioso alienante da morire fino all’esaurimento: il suo compito è trascrivere gli atti notarili. Nella sua monotona e piatta vita quotidiana irrompono due personaggi che ne cambiano il corso: Monaco Stella una bella ragazza mora dai capelli ricci e gli occhi sfavillanti di fuoco che gli chiede di sposarla; e “ l’ombra” seduta su una panchina di fronte all’ufficio. Stella con il suo sorriso e le sue voglie gli dona attimi di gioia; l’ombra della panchina, un uomo anziano di nome Antonio, è lo specchio dentro cui si immerge per ritrovare il suo essere più vero e profondo, esternando tutte le sue frustrazioni. Infine “Quando tramonta il sole” è un racconto autobiografico, ma non per questo meno significativo. In esso si possono riconoscere una vasta platea di persone. E’ l’incontro di un anziano acculturato con la rete, in particolare con facebook che sembra mettere in contatto con il mondo. Sono narrate in modo palpitante l’ansia l’attesa dei mi piace e dei non mi piace dei buongiorno e delle buonasere degli amici virtuali , come in gioventù si aspettavano le lettere. Si trascorre sempre più tempo a smanettare che alla fine si prova un vuoto con tanta amarezza e si avverte la sensazione di essere prigioniero con gli occhi lucidi e la mente vuota. Si conclude con un gesto luddista inscatolando il computer e lanciandolo nel fiume Canale e il ritorno alla socialità famigliare e alla normale vita fatta di passeggiate e di pizze in compagnia. Con la moglie se ne va al ristorante a festeggiare la “liberazione” dal mondo virtuale. La lettura di queste storie fa cogliere gli stati d’animo che si vivono nelle comunità di periferie proiettate tra passato lontano e modernità del presente e aiuta a riscoprire se stessi e i propri vissuti. 
Matteo Troiano Nota: demodè indossano vestiti fuori moda perché li avevano ricevuti in dote che quanto più si era ricchi più era consistente. Si diceva dote di 5 10 15 25, cioè si ricevevano 25 capi per ogni elemento dell’abbigliamento

venerdì 9 settembre 2016

lunedì 5 settembre 2016

domenica 4 settembre 2016

Arcobaleno

La pioggia ha lavato l'aria che sapeva di sabbia di deserto.
Ora un quasi cerchio di luce e di tenui colori unisce il Castello solitario alle severe torri del Cannone.
ARCOBALENO.
Dalla cima del dirupo " La Guardia", balcone su distese di giallo senza spighe, mi appare come un ponte retto da invisibili legami.
Sembra volere unire silenzi a silenzi e vite in ansia nell'incertezza di domani, e dolorosi presenti.
"Reggie " trazzere disegnano vene ad un panorama che sa di deserto fatto di calanchi e burroni.
Rigagnoli si asciugano al sole colti da vana ansia di mare in attesa di inverni e di piogge.


Da " Poesie di volti e memorie " di calogero restivo
Prova d'Autore Editore Catania

archivio e pensamenti: BIJOUX

archivio e pensamenti: BIJOUX:                        “Et le reve fraichit”.               Arthur Rimbaud, Illuminations . E lu suonnu arrifrìsca. ...